La vecchiaia non è più un periodo residuale della vita e la maggior parte delle persone anziane mantiene integra ogni capacità di agire e di autodeterminarsi e il desiderio di far parte veramente della società. In alcuni casi però, quando la salute viene meno, le persone molto anziane possono perdere, anche solo in parte, la capacità di gestire tutti gli aspetti del vivere quotidiano. Un tempo questo decretava, di fatto, l’esclusione dal contesto sociale, perché gli anziani venivano interdetti, considerati incapaci e quindi lasciati soli. Hannah Arendt diceva che «la solitudine è non avere un posto nella società». Venti anni fa nel nostro Paese è stato introdotto l’istituto dell’amministrazione di sostegno (ADS), con la legge del 9 gennaio 2004, n. 6 che lo ha inserito all’art. 404 del codice civile.
L’amministrazione di sostegno è lo strumento con cui in Italia si è voluti andare nella direzione di dare un posto nella società a tutte le persone anziane, anche a quelle che hanno delle fragilità, non mettendole ai margini, considerandole interdette e, quindi, incapaci di far parte del nostro tessuto sociale. Con l’amministrazione di sostegno, la persona anziana riceve, appunto, un sostegno negli ambiti della vita in cui si trova in difficoltà non perdendo tout court la propria capacità di agire e di autodeterminarsi e mantenendo la possibilità di continuare a far parte della società, senza sentirsi esclusa.
Nei casi più frequenti l’amministratore di sostegno ha il compito di gestire le questioni connesse all’abitazione e all’assistenza. Per esempio, quando la persona anziana, pur capace e autonoma, anche sotto il profilo economico, rifiuti di avere un aiuto in casa e con tale scelta metta in pericolo la propria sicurezza o quella altrui, perché lascia aperto il rubinetto dell’acqua allagando il proprio appartamento e quello dei vicini o la manopola del gas mettendo in pericolo tutto il condominio oltre che se stesso, l’amministratore di sostegno potrà assumere una badante che aiuti la persona anziana a compiere in sicurezza le attività della vita quotidiana o, nei casi più estremi, optare per il collocamento della persona anziana in una struttura idonea, sempre con la supervisione del giudice tutelare. Un altro caso tipico in cui è necessario l’intervento dell’amministratore di sostegno è quello in cui la persona anziana ricoverata in ospedale non è più in grado di assumere decisioni rispetto alle cure e alle terapie per la propria salute; il giudice in questi casi incarica l’amministratore delle scelte e dei consensi necessari.
Per lo più, vengono nominati amministratori di sostegno membri della famiglia che si dichiarino disponibili a ricoprire detto incarico, oppure la persona che lo stesso anziano propone che venga nominata. L’amministratore di sostegno nell’espletamento del proprio incarico deve sempre tener conto, per quanto possibile, dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario. Per tutti questi motivi l’amministrazione di sostegno consente agli anziani che ne abbiano necessità la possibilità di essere tutelati, con la minore limitazione possibile della loro capacità di agire.
I vecchi rimedi dell’interdizione e dell’inabilitazione che ancora esistono, sono diventati, di fatto, molto poco utilizzati. Secondo i Giudici, infatti, l’amministrazione di sostegno è sempre da privilegiare rispetto all’interdizione e all’inabilitazione poiché sul piano pratico richiede una procedura più snella e sul piano etico appare maggiormente rispettosa della dignità dell’individuo, poiché non prevede la privazione del soggetto della capacità di agire.
Camilla Cozzi