Tutti i genitori che hanno figli con disabilità si pongono un’angosciosa domanda: cosa accadrà una volta che non ci saremo più?
La legge definita sul “dopo di noi” (legge 112 del 2016) ha risposto a questo interrogativo introducendo nel nostro Paese l’istituto del trust, uno strumento giuridico di origine anglosassone, il quale ha lo scopo di tutelare i disabili gravi nel momento in cui perdono la protezione dei propri familiari, perché divenuti troppo vecchi per continuare a prendersi cura di loro o perché deceduti. La maggioranza dei disabili gravi, infatti, alla morte dei genitori si trova in grande difficoltà: viene collocata in istituti spersonalizzanti, che per come sono strutturati non possono favorire lo sviluppo della personalità di ciascuno degli ospiti, la soddisfazione delle esigenze particolari di ciascuno e la loro l’inclusione nella società.
Per legge ogni disabile grave alla morte dei genitori deve avere un amministratore di sostegno incaricato di gestirne il patrimonio attraverso le autorizzazioni di volta in volta necessarie da parte del Giudice Tutelare, con tempistiche che mal si conciliano con il soddisfacimento delle esigenze di vita quotidiana.
I figli disabili alla morte dei genitori però non hanno bisogno solo di avere risorse economiche a disposizione per il loro sostentamento ma qualcuno che protegga i loro interessi, gestisca ogni loro necessità e provveda alla loro cura quotidiana con tempestività; i consueti strumenti ereditari sono insufficienti, così come la figura dell’amministratore di sostegno, ruolo che, sino a che viene ricoperto dai genitori, garantisce e soddisfa tutti i bisogni del figlio disabile, ma quando viene ricoperto da un soggetto nominato dal Tribunale, pur se necessario, non è più altrettanto efficace.
Il trust “dopo di noi” ha l’ambizione di superare il tradizionale sistema e di consentire alla famiglia o al genitore di destinare il proprio patrimonio o parte di esso organizzando al meglio il futuro del figlio quando non ci sarà più, evitandone l’istituzionalizzazione.
Con il trust “dopo di noi” i genitori (disponenti) già nel periodo che potremmo chiamare “durante noi”, ossia quando sono ancora in vita e in grado di occuparsi del figlio, potranno preoccuparsi della sua autonomia e indipendenza non solo economica, conferendo temporaneamente i loro beni mobili e immobili a una persona o a una società di fiducia, il cosiddetto trustee, che formalmente diverrà proprietario dei suddetti beni mobili e immobili con l’obbligo, alla morte dei genitori, di gestirli nell’esclusivo interesse del beneficiario, secondo le disposizioni dei genitori, garantendo la migliore qualità di vita al beneficiario e con obbligo alla morte del beneficiario disabile di destinarli ai soggetti indicati dai disponenti, ossia la madre e padre del soggetto fragile che hanno istituito il trust.
In tal modo i genitori quando sono ancora in vita potranno attuare una progressiva presa in carico della persona disabile durante la loro esistenza in vita facendo progetti con il trustee a favore del figlio disabile; potranno definire nel dettaglio gli obiettivi e i livelli di prestazione assistenziale e di cura quotidiana da garantire al figlio, quando loro non ci saranno più. Nel trust predisposto per il dopo di noi è obbligatorio affiancare al trustee la persona (cosiddetto guardiano), che ricopra il ruolo di amministratore di sostegno del disabile grave, di norma una persona di fiducia dei genitori, che conosca bene il figlio disabile, le sue problematiche quotidiane, le sue esigenze, che monitori, indirizzi e renda, se possibile, ancora più efficace l’operato del trustee già definito a monte dalle disposizioni dei genitori, declinandole secondo la realtà in evoluzione del figlio. I genitori sovente orientano la loro scelta per l’ufficio di guardiano verso persone di età tale che possano accompagnare il figlio disabile per tutta la sua vita.
Talvolta, ma non obbligatoriamente, vengono rimessi al guardiano i compiti legati espressamente alla persona e al trustee quelli legati al patrimonio e alla sua gestione.
La legge sul dopo di noi ha come obiettivo quello di consentire ai genitori di garantire un sereno “dopo di noi” al figlio, di gestire al meglio per il figlio la successione, non solo evitando l’istituzionalizzazione ma anche eliminando le inevitabili lungaggini burocratiche legate all’amministrazione di sostegno che prevede un vaglio del giudice tutelare incaricato. Questo è possibile perché tecnicamente i beni conferiti nel trust (trust fund) dai genitori in favore del figlio sono del trustee (anche se si tratta di una proprietà condizionata e temporanea) e non del figlio disabile; senza il trust “dopo di noi”, invece, alla morte dei genitori i beni sarebbero di proprietà del figlio disabile e dovrebbero essere gestiti dall’amministratore di sostegno, con le lungaggini determinate dalle autorizzazioni di volta in volta da richiedere al giudice Tutelare. Con il trust il figlio disabile gode di tutte le garanzie che fornisce un amministratore di sostegno (che peraltro è presente come guardiano) ma riceve cura e tutela su misura, adeguate alle sue esigenze e in “tempo reale”. I genitori con questo strumento hanno garanzia che il trustee segua le loro indicazioni, poiché egli si assume con atto pubblico l’obbligo di realizzare il progetto di vita predisposto per il figlio dai genitori nonché gli obiettivi di benessere per il soggetto debole. La garanzia sul corretto operato si fonda sul suo obbligo di mantenere una contabilità accurata corredata dalla documentazione di ogni operazione e dalla consegna annuale dell’inventario del fondo (ossia dei beni conferiti in trust) al guardiano.
Questo trasferimento di beni sotto il profilo fiscale, considerata la causa della tutela di un soggetto debole, è particolarmente agevolato. All’atto della costituzione il trasferimento di beni non è sottoposto alla imposta proporzionale di successione e donazione, ma è sottoposto esclusivamente all’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa; i genitori, dunque, sanno già quale costo imposta devono sostenere nel momento in cui decidono di istituire un trust di questo tipo.
In un primo tempo tale aspetto non è stato pacificamente accettato dall’Agenzia delle Entrate, ma la giurisprudenza di merito e di legittimità di recente è intervenuta sgombrando il campo da ogni dubbio (Cass. 3075/2021). Per godere di tali benefici ovviamente, il trust deve perseguire come finalità esclusiva l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza della persona disabile in cui favore è istituito.
Il trust ha termine con la morte del beneficiario ossia del figlio disabile e il residuo, se presente, va destinato al soggetto individuato dai genitori che hanno a suo tempo istituito il trust per il figlio.
Alla cessazione del trust lo Stato prevede l’applicazione della tassazione ordinaria nei confronti di chi entrerà nel possesso dei beni che si trovavano nel trust, ossia l’imposta di successione/donazione, tenuto conto dell’eventuale rapporto di parentela tra il disponente e i beneficiari del residuo.
La principale criticità del trust in questo momento storico riguardano i trust con conferimenti modesti.
Poiché il trust “dopo di noi” ha come unico beneficiario il figlio disabile e non può avere anche altri soggetti appartenenti alla famiglia, questo limita la portata del suo utilizzo, dal momento che demandare tutto ciò che si ha a un terzo per la durata della vita del figlio disabile, in alcune famiglie significa sottrarre risorse, magari necessarie, ad altri componenti della famiglia.
Altro limite che si rinviene è che il trust dopo di noi può essere utilizzato, con queste caratteristiche e agevolazioni fiscali, solo per i disabili gravi certificati dalla legge 104 del 1992 e non anche per i disabili non gravi e gli anziani non più autosufficienti, per i quali si può ricorrere al trust, diciamo tradizionale, ossia a quello non disciplinato dalla legge del 2016, dunque privo di quelle agevolazioni fiscali che invece sarebbero importanti anche per questi soggetti deboli e privo dell’ obbligatorietà della figura del guardiano, figura necessaria in situazioni in cui il beneficiario è un soggetto fragile. Costoro potranno avvalersi dell’istituto del trust attraverso il rinvio alla disciplina elaborata da un paese straniero fra quelli ammessi alla Convenzione dell’Aja del 1985, che l’Italia ha ratificato sin dal 1992.
Camilla Cozzi