Il superbonus edilizio rimasto per le aree sismiche (si veda pagina 3) implica un nuovo obbligo assicurativo sui danni catastrofali (Dl 212/2023, articolo 2). Obbligo da valutare assieme all’altro ora imposto sugli immobili di imprese in caso di calamità naturali, se si vuol chiarire parte dei dubbi aperti (si vedano Il Sole 24 Ore del 14 gennaio e il Focus Norme e Tributi del 18 gennaio).
Al netto di eventuali novità in sede di conversione del Dl e nei Dm attuativi, spiegazioni si ricavano dai vantaggi che i nuovi obblighi possono dare allo Stato, oltre alla tutela di collettività e produttività, sempre più a rischio per i cambiamenti climatici.
La relazione tecnica al Dl 212 spiega che, ai fini del gettito fiscale, le nuove polizze obbligatorie avranno due effetti opposti che paiono neutralizzarsi o quasi: uno negativo (i contribuenti potranno detrarre il 19% dei premi che pagano) e uno positivo (sulle polizze c’è l’imposta sulle assicurazioni). La relazione non parla degli effetti di mancate (o ritardate) stipule della polizza, ma pare lecito desumere che il credito d’imposta del 110% cada. Solo che le compagnie non paiono obbligate a emettere polizze a chiunque le chieda, come invece è per gli immobili delle imprese. Quindi qualcuno potrebbe rimanere scoperto senza colpa. Non chiarita neanche la sorte degli indennizzi se la polizza è stipulata ma il beneficio fiscale è revocato per altre ragioni, come non di rado accade per irregolarità e frodi.
Nessun vincolo è previsto a favore dello Stato, che quindi non si riserva il diritto di riscuotere gli indennizzi al posto dell’assicurato sino all’importo del credito di imposta revocato. Così i veri vantaggi sono probabilmente altri. È plausibile che lo Stato miri ad affrontare le catastrofi non più con la sola finanza pubblica. Se è così, gli indennizzi incassati dagli assicurati saranno defalcati dai contributi, sovvenzioni o altri strumenti di sostegno finanziati con risorse pubbliche eventualmente spettanti anche agli stessi assicurati, in caso di calamità? Per rispondere, si può partire dal caso in cui l’interessato non sia in regola con l’obbligo di polizza.
L’articolo 1, comma 102 della legge 223/2023 prevede espressamente che, nell’assegnazione dei contributi pubblici, si debba «tener conto» della violazione dell’obbligo di polizza. Quindi l’accesso non pare sempre negato: si può ipotizzare che si possa concedere la sola parte che, comunque, non sarebbe stata garantita dalla copertura obbligatoria, nei suoi contenuti minimi e di base. Essi non sono ancora stati regolati nei dettagli, né sui tipi di danno indennizzabile (patrimoniale, ai beni o da mancata produzione eccetera) né sui limiti di indennizzo in contratto: oggi, nel caso delle imprese, le polizze paiono dover garantire copertura integrale salvo un eventuale scoperto nel limite del 15%, ma i futuri Dm attuativi dovrebbero, si spera presto, chiarire definitivamente.
Quando invece la polizza sia stata stipulata, dovrebbe a maggior ragione valere il principio indennitario (l’assicurazione paga il danno e non oltre), ritenuto inderogabile nell’assicurazione danni. Così non ci saranno indennizzi superiori al danno effettivamente patito, cumulando i sostegni pubblici (sostanzialmente risarcitori, cioè tesi a ripristinare l’intera situazione antecedente al sinistro) con gli indennizzi di polizza: anche qui dovrebbero essere i limiti (eventuali) della copertura assicurativa a fissare il residuo spazio per poter chiedere gli aiuti pubblici. Il tema è delicato e va approfondito, definendo anche processi operativi per far emergere diritti e doveri assicurativi di chi chiede gli aiuti, evitando duplicazioni indennitarie.
Sabrina Cerinotti
Maurizio Hazan