Il tema dell’assoggettabilità contributivo-fiscale delle somme erogate dal datore di lavoro al lavoratore subordinato in sede giudiziale – e non – presenta indubbiamente dei profili d’interesse di rinnovata attualità, anche alla luce del corrente procedimento di progressivo sblocco dei licenziamenti e conseguente ripresa delle controversie giuslavoristiche.
Per quanto riguarda le transazioni, non vi sono particolari differenze di trattamento sia nel caso in cui queste abbiano un effetto novativo rispetto al rapporto giuridico originario piuttosto che meramente modificativo del suddetto: laddove sia prevista l’erogazione di somme in virtù di una transazione conclusa durante o al termine del rapporto di lavoro subordinato, tali importi rientrano nell’imponibile contributivo.
Come precisato dall’INPS in diverse occasioni (Circ. del 16/01/14, messaggio n. 7585/2006), così come dalla Corte di Cassazione (Cass. n.6663/2002, n.11301/2002, n.3213/2001), laddove le somme versate in sede di transazione trovino verificata causa nel rapporto lavorativo, queste conservano l’originaria funzione di corrispettivo per la prestazione lavorativa.
Un aspetto che può presentare delle criticità ed è stato oggetto di dibattito è quello relativo ai casi di somme versate dal datore di lavoro a titolo di risarcimento del danno subito dal lavoratore dipendente.
La norma di riferimento è l’art. 6 del TUIR, nello specifico il dettato del secondo comma, che prevede l’assimilazione delle indennità conferite a titolo di risarcimento alle stesse categorie – elencate al primo comma – in cui rientravano ai redditi sostituiti o comunque perduti a causa del danno.
È però necessario operare una distinzione in base alla tipologia di perdita causata al patrimonio del danneggiato.
Nulla quaestio ove si tratti di lucro cessante; in quanto danno consistente in un mancato guadagno derivante dall’illecito altrui, si applicherà la disciplina prevista dall’art. 6 che abbiamo già illustrato.
In quest’ambito rientrerebbero anche le retribuzioni non conseguite dal lavoratore subordinato per accertata perdita di chance di guadagno derivante da illecito del datore di lavoro.
Laddove invece si tratti di danno emergente al patrimonio del lavoratore, la somma ricevuta da questi a titolo risarcitorio non risulta imponibile.
Questa linea è confermata da un costante orientamento della Corte di Cassazione (Cass., I civ. 9893/1997, Cass. 19199/2006, Cass civ. sez. trib. 10244/2017) volto a escludere dall’imposizione contributiva le somme ricevute per il risarcimento di natura diversa dalla mancata percezione di reddito.
L’ Agenzia delle Entrate (Consulenza giuridica n. 904-4/2017) ha comunque precisato che la qualificazione di una determinata somma quale risarcimento di un danno emergente o di un lucro cessante, è riservata al legislatore o all’autorità giudiziaria.
Da ciò deriva che, in assenza di specifica norma, sarà necessario fare riferimento alla qualificazione operata dal Giudice nella pronuncia giurisdizionale che sancisce il diritto al risarcimento, superando ogni diversa interpretazione.
Cristina Rota
Davide Romeo