Con la sentenza 1940/21 il Tribunale di Milano – Sezione Lavoro ha fatto applicazione del principio espresso dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 2293 del 30/01/2018 in tema di diritto del dirigente al risarcimento del danno per mancata fissazione degli obiettivi da parte dell’azienda datrice di lavoro.
Nel caso di specie è stata accolta la domanda di un dirigente, per l’accertamento e la dichiarazione dell’inadempimento contrattuale dell’azienda per mancata fissazione degli obiettivi finalizzati alla liquidazione della retribuzione variabile e di risarcimento del danno conseguente per perdita di chance.
Alla base dell’accertamento vi è stata la validità e l’immediata precettività di una clausola contrattuale, la quale ha per oggetto l’erogazione di una quota di retribuzione aggiuntiva a fronte del raggiungimento degli obiettivi decisi dall’azienda e comunicati in un secondo momento al lavoratore. È stato chiaro, dunque, come non si trattasse di una trattativa tra le parti, ma di un obbligo determinativo gravante soltanto sul datore di lavoro.
Inoltre, anche quando si volesse ipotizzare un’incertezza del contenuto della già citata clausola suddetta, così come ha fatto la difesa dell’azienda, sarebbe stato del tutto contrario a buona fede far ricadere sul lavoratore le conseguenze dell’apposizione consapevole di una clausola di contenuto vago da parte del datore predisponente.
Così, una volta riconosciuta l’omissione della fissazione degli obiettivi da parte della società, dalla quale, peraltro, non è provenuta nessuna contestazione al riguardo, se non la negazione di essersi mai impegnata in tal senso, sono risultate prive di fondamento anche le obiezioni della resistente sia sull’assenza di un sistema incentivante sia sulla straordinarietà degli emolumenti riconosciuti ad altri manager nello stesso periodo.
Per quanto concerne il risarcimento per perdita di chance – identificata come la possibilità concreta di ottenere un bene della vita, pur attraverso il ricorso a presunzioni – è stato accertato, in primis, il nesso causale tra la condotta e l’evento secondo il criterio civilistico del “più probabile che non”. Infatti, se l’atto lesivo (la mancata fissazione degli obiettivi dell’azienda) non si fosse realizzato, il ricorrente avrebbe avuto concrete possibilità di ottenere il bene (la liquidazione della retribuzione variabile).
A ciò si è aggiunta la dimostrazione della consistenza di tale chance con riferimento al giudizio probabilistico circa il raggiungimento degli obiettivi ove fissati, poiché dalle comunicazioni del precedente datore di lavoro presso il quale l’istante ricopriva la medesima carica, si è evinto come egli avesse sempre raggiunto gli obiettivi fissati dall’azienda. Di conseguenza il Giudice ha desunto che, se fossero stati posti degli obiettivi, il dirigente con una consistente probabilità li avrebbe in buona parte raggiunti.
Cristina Rota & Marta Insolia