Nel contesto delle misure europee per la lotta all’evasione e all’elusione fiscale, la direttiva 2018/822/UE, attuata in Italia dal D.lgs. 100/2020, prevede l’obbligo di comunicazione dei c.d. “meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale aggressiva” ovvero di schemi, accordi o progetti che coinvolgano più Stati UE – o anche Stati UE e Stati terzi – e che siano potenzialmente in grado di determinare vantaggi fiscali prevalenti o comunque di aggirare altri obblighi normativi, quali lo scambio automatico di informazioni e le disposizioni in merito al beneficiario effettivo.
La scadenza per le prime comunicazioni è stata recentemente fissata al 28.02.2021 sia per quanto riguarda le operazioni pregresse, ovvero i meccanismi la cui prima fase è stata posta in essere tra il 25.06.2018 e il 30.06.2020, sia per quanto riguarda i meccanismi posti in essere nel periodo compreso tra il 01.07.2020 e il 31.12.2020. Sono poi state indicate le scadenze specifiche “a regime” per i meccanismi posti in essere a partire dal 01.01.2021, che sinteticamente si possono individuare nei 30 giorni successivi all’avvio del meccanismo (con alcuni correttivi specifici per intermediari e contribuenti).
L’obbligo di comunicazione è posto a carico di intermediari e contribuenti che abbiano un “collegamento” con il territorio italiano che si sostanzi in almeno una delle seguenti condizioni alternative:
- residenza fiscale;
- possesso di una stabile organizzazione in Italia tramite la quale sono forniti i servizi del meccanismo transfrontaliero (per quanto riguarda gli intermediari) o che benefici del meccanismo transfrontaliero (per quanto riguarda i contribuenti);
- iscrizione a un’associazione professionale di servizi in ambito legale, fiscale o di consulenza in Italia (per quanto riguarda gli intermediari);
- svolgimento dell’attività in Italia (per i contribuenti).
La recente circolare 10.02.2021 n. 2 dell’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi necessari chiarimenti in merito alla disciplina, con riferimento ai molteplici nodi interpretativi che la stessa pone, soprattutto in relazione al ruolo dei soggetti obbligati, oltre che alle fattispecie che sono suscettibili di rientrare nel suo ambito di applicazione.
L’onere della comunicazione è posto prevalentemente a carico dell’intermediario (secondo le circostanze, nella sua duplice veste di promotore o di fornitore di servizi), posto che il contribuente (salvo casi specifici di esonero) risulta investito degli obblighi di comunicazione nei casi residuali in cui l’intermediario è esonerato o laddove non esistano intermediari coinvolti nel meccanismo o gli stessi non abbiano fornito la comunicazione all’Agenzia delle Entrate, all’Amministrazione finanziaria di un altro Stato UE o extra UE che abbia un accordo per lo scambio di informazioni secondo la direttiva 2018/822/UE.
Posto che non comportano la qualifica di intermediario l’assistenza nelle verifiche fiscali o l’invio delle dichiarazioni, né l’assistenza in ambito contenzioso o la mera ricognizione del meccanismo in occasione della revisione contabile, i casi di esonero per gli intermediari sono limitati all’avvenuto adempimento da parte di altri intermediari coinvolti o alle esigenze del segreto professionale o ancora qualora dalle informazioni trasmesse possano emergere responsabilità penali in capo agli intermediari stessi.
Il decreto contiene la specificazione dei criteri in base ai quali, in presenza di determinati elementi distintivi o hallmarks (ed esattamente, in presenza delle fattispecie rischiose di cui all’allegato 1, lettere A, B, C ed E, del D.lgs. n. 100/2020), scattano gli obblighi di comunicazione del meccanismo transfrontaliero all’Agenzia delle Entrate.
Le suddette fattispecie rilevano ai fini della comunicazione solo se suscettibili di determinare un vantaggio fiscale in termini di riduzione delle imposte previste dalla direttiva 2011/16/UE, vale a dire delle imposte diverse da Iva, dazi doganali e accise e quindi IRPEF, IRES e relative addizionali, IRAP, imposte sostitutive, imposte locali, di registro, ipotecarie e catastali, imposta sulle successioni e donazioni; il vantaggio fiscale, inoltre, in relazione a talune fattispecie che la norma identifica, deve qualificarsi come prevalente rispetto a eventuali altri vantaggi extrafiscali conseguiti dal contribuente (cosiddetto test del vantaggio principale o main benefit test).
Il main benefit test dà luogo all’obbligo di comunicazione (per le fattispecie rilevanti) nel caso in cui il vantaggio fiscale relativo alle imposte derivante dall’applicazione del meccanismo transfrontaliero conseguibile da uno o più contribuenti sia superiore al 50% della somma del vantaggio fiscale e dei vantaggi extrafiscali (intesi come altri vantaggi di natura economica). Il vantaggio fiscale è quantificato come differenza tra le imposte da assolvere sulla base del meccanismo transfrontaliero e le medesime imposte che sarebbero state assolte in assenza di tale meccanismo.
La riduzione d’imposta deve essere verificata in uno Stato UE o in altre giurisdizioni estere con cui è in vigore un accordo per lo scambio dei dati secondo la direttiva 2018/822/UE.
In presenza invece delle fattispecie elencate sub lettera D dell’allegato 1 (elementi distintivi specifici riguardanti lo scambio di informazioni o la titolarità effettiva), la comunicazione è in ogni caso dovuta (indipendentemente dalla prevalenza del vantaggio fiscale).
La maggiore complessità della norma riguarda dunque proprio l’individuazione delle fattispecie di meccanismi transfrontalieri che devono essere comunicati e soprattutto la quantificazione del vantaggio fiscale e non fiscale derivante dall’operazione, con riferimento non solo al territorio italiano e tenendo anche conto della circostanza che per gli intermediari lo standard minimo di conoscenza delle fattispecie richiesto dalla norma, in molti casi di ritiene “presunto”.
Del resto, gli hallmarks rimandano in molti casi all’individuazione dell’elenco di giurisdizioni di Paesi terzi che sono state valutate dagli Stati UE o dall’OCSE come “giurisdizioni non cooperative” o all’individuazione dei “regimi fiscali esteri preferenziali” o ancora all’individuazione degli” Stati che garantiscono lo scambio automatico dei dati dei conti finanziari”.
Norme specifiche riguardano poi le holding e i rapporti tra imprese “associate”, nonché il caso specifico dell’Inghilterra per cui i profili di applicazione si devono interpretare anche alla luce della Brexit, che ha condotto alla quasi totale rimozione per il Regno Unito degli obblighi di segnalazione derivanti dalla direttiva 2018/822/2018.